Fragole, difendere con forza le superfici emiliano romagnole
Lucia Betti
Per Moretti, direttore di Agrintesa, è una produzione di qualità che va mantenuta sul territorio
DALLA REDAZIONE – La superficie a fragole in Emilia Romagna, con la sua massima concentrazione nel cesenate, è minima rispetto al dato nazionale complessivo e a quanto esprime il sud del Paese. Le stime nazionali per il 2019 parlano di circa 3.796 ettari, in crescita del 4% sul 2018 e vedono protagoniste Basilicata e Campania, rispettivamente con il 24% e il 23% di superfici.
Nella nostra regione, a partire dalla fine degli anni ’90, la contrazione è stata importante e prosegue tuttora. Per il 2019 è previsto un -2% rispetto agli ettari dell’anno scorso che, in base ai dati Istat, erano 230 dei quali 129 nel cesenate. Le varietà principali coltivate nell’areale emiliano romagnolo sono: Sibilla, Brilla, Alba, Clery, Aprica. Il Mercato ortofrutticolo di Cesena, ad esempio, ha trattato nel 2018 circa 15 mila quintali di fragole contro i 10 mila del 2017. Un aumento importante, per lo più dovuto alla commercializzazione del prodotto nazionale, in particolare del sud del Paese e della Basilicata, non di quello locale. Le cause della contrazione in Emilia Romagna, come ci spiega Cristian Moretti direttore di Agrintesa, sono diverse.
Fra queste troviamo, ad esempio il calendario di produzione e commercializzazione corto, compreso fra il 20-25 aprile e il 31 maggio; i costi di produzione della fragola che, facendo una media per varietà e tipo di coltivazione (serra e pieno campo), vanno da euro 1,50-1,80 al kg; la tipologia di azienda che si è dedicata alla fragola ad economia diretta e a conduzione familiare, che fatica a strutturarsi in una dimensione imprenditoriale; la concorrenza estera, della Spagna in particolare che ha dettato legge in Europa, con calendari più lunghi e maggior competitività sui costi.
“Pur se minima, la superficie emiliano romagnola va difesa con forza – afferma Moretti – per la storia che questa coltivazione ha; per la capacità di fare la differenza, puntando sulle capacità degli agricoltori, sulla tecnologia e sulla logistica di cui disponiamo, che ci permettono di trattare in giornata questo prodotto delicato e sensibile; sul potenziale qualitativo delle varietà. Possiamo soddisfare il cliente e il consumatore con un prodotto tracciabile, salubre e con una costanza qualitativa che non sempre le altre aree di produzione riescono a garantire”.