La denuncia degli agricoltori di Cia Ferrara: lavoriamo sottocosto

Gli agricoltori di Cia-Agricoltori Italiani Ferrara sono scesi in piazza a Ferrara oggi, 16 luglio, per l’iniziativa “Agricoltura Sottocosto”, organizzata per informare e sensibilizzare politica e cittadinanza sull’andamento dei prezzi di mercato che negli ultimi 20-30 anni sono sostanzialmente rimasti stabili, diversamente da costi di produzione che sono aumentati, fino a duplicare o addirittura triplicare tra il 2021 e il 2022. Un presidio per denunciare un sistema speculativo che non riesce a valorizzare i prodotti e il lavoro delle aziende agricole e che negli ultimi anni ha provocato la contrazione delle superfici di alcune delle eccellenze agricole del territorio, prime tra tutte le pere, fino alla chiusura delle attività agricole.
Sono i numeri a parlare della crisi. Nel 1994, quasi trent’anni fa, le patate erano quotate dalla Camera di Commercio di Bologna 0,21 cent/kg e la stessa quotazione la ritroviamo nel 2020. Stessa “sorte” per le pere Abate, in un range di tempo simile: 0,75 nel 1991 e 0,79 nel 2020 – nel 2021 i prezzi sono aumentati solo per la quasi totale assenza di prodotto – con una media di prezzi di 0,62 centesimi. Gli asparagi sono passati dai 2,21 cent/kg del ’94 a 2,67 nel 2020 con una media di 2,28 centesimi; le mele Fuji da 0,52 del 2003 a 0,68 del 2020; la pera Conference dal 2008 ha praticamente la stessa quotazione di circa 0,60-0,65 cent e le carote sono passate da 0,22 cent di 20 anni fa ai 0,09 di quest’anno, un prezzo davvero inaccettabile.
“Spesso noi agricoltori abbiamo denunciato che i prezzi pagati per i nostri prodotti coprivano a malapena i costi di produzione o erano al di sotto – ha detto il presidente di Cia-Ferrara, Stefano Calderoni – e che i conti nelle nostre aziende non tornavano più da molti anni. Finora siamo stati resilienti perché amiamo il nostro lavoro e, in un modo o in un altro, abbiamo consentito al sistema agricolo di tenere. Ma, lo dico chiaramente: non è più possibile andare avanti così. Non è pensabile che a un produttore venga dato per l’Abate, in un’annata con medie produttive normali, lo stesso prezzo di 30 anni fa. Oggi che il gasolio agricolo agevolato arriva a costare 1,40 euro al litro contro i 0,80 di due anni fa e che l’Urea, il principale concime, è passato da 28 euro al quintale del 2020 ai quasi 100 euro di quest’anno, per non parlare dei costi energetici alle stelle. Oggi che per coltivare un ettaro di frutteto, considerando difesa, reti antigrandine, anti-cimice e assicurazioni serve almeno il triplo di 20 anni fa. A questo si aggiunge il problema climatico, davvero sotto gli occhi di tutti, che sta già causando cali produttivi diffusi. Credo che chiunque possa fare i conti: li fanno sicuramente i consumatori che sono l’altro anello debole delle filiere e subiscono gli aumenti di prezzo anche dei prodotti che non possono mancare sulle tavole come il pane che dal 1994 è aumentato dell’80%. Penso però che siano i politici a tutti i livelli che debbano iniziare a farli seriamente, per dare al settore ai produttori una prospettiva e qualche risposta concreta e vigilare maggiormente sulle anomalie di mercato. Servono due cose concrete e urgenti: la proroga del credito d’imposta per l’acquisto del gasolio agricolo, che non è stata inserita del Decreto Aiuti, per almeno tutto il 2022 ed è un’agevolazione essenziale in questa fase; la piena applicazione della “Direttiva sulle pratiche commerciali sleali” che non consentirebbe più a chi acquista i nostri prodotti di pagarli una cifra inferiore al costo di produzione. Su questo occorrerà vigilare con attenzione e lungimiranza per impedire che ci siano distorsioni speculative di mercato e la totale mancanza di equità lungo le filiere che rischiano di venire cancellate”.