Il miele scarseggia, a rischio le forniture per le festività natalizie
Luca Soliani
Reggio Emilia – “La carenza di miele è talmente drammatica che difficilmente la produzione riuscirà a coprire le richieste per le festività natalizie”. È l’allarme lanciato da Anna Ganapini, apicoltrice biologica e membro nazionale Conapi, che denuncia “un gravissimo calo nell’annata 2021”.
Le ragioni?
“Sono molteplici. Innanzitutto i cambiamenti climatici, che hanno fatto sentire i pesanti effetti sul nostro territorio: inverno 2020 mite, gelate primaverili e prolungata siccità estiva, caratterizzata da un costante vento anomalo. Ma anche, alcune volte, l’uso indiscriminato dei fitofarmaci”.
Ganapini entra poi nel dettaglio della situazione. “Pesanti cali riguardano tutte le tipologie di miele prodotte sul nostro territorio – sottolinea -. Particolarmente ingenti sono i danni alle produzioni primaverili: quella di acacia è crollata del 90%, praticamente assente quella del millefiori, la diminuzione del tiglio è oltre il 70%, supera il 50% quella dei millefiori dell’erba medica. Per quanto riguarda il castagno, la riduzione è ‘solo’ del 30% perché la produzione riguarda gli apicoltori dell’Appennino, o di coloro che praticano nomadismo”.
Ganapini riflette poi sui cambiamenti climatici, una realtà che sta creando disastri all’agricoltura: “Siamo dinnanzi a un fenomeno che stiamo notando da diversi anni. La stagione invernale 2020 è stata mite e siccitosa. Questo, ha causato conseguenze importanti sugli alveari che, nella primavera di quest’anno, avevano scorte di miele inferiori.
Perché? Se non c’è freddo le api si muovono e consumano, trovano polline nella vegetazione cresciuta in maniera anomala, la regina depone le uova e le famiglie devono nutrire l’alveare che si risveglia. A inizio primavera gli alveari sono così già sviluppati e gli apicoltori si sono trovati a dover aiutare con nutrimenti le famiglie.
Ma non è finita. Dopo settimane di caldo anomalo, la primavera è stata caratterizzata da gelate, anche a distanza di pochi giorni. I fiori di acacia, ad esempio, sono gelati e c’era pochissimo nettare. Se non avessimo nutrito le api per cinque settimane consecutive, sarebbero morte di fame. Ma questo ha fatto enormemente alzare i costi di produzione”.
Le famiglie di insetti erano, poi, comunque “estremamente debilitate e lo sono state per tutta la stagione”.
Dopo la primavera infausta, è arrivata anche un’estate “molto, troppo siccitosa, che ha drasticamente inciso sulla quantità e qualità di nettare. Si è, in parte, salvato chi aveva le produzioni in montagna o ha potuto spostare lì gli alveari. Chi è rimasto in pianura ha dovuto nuovamente nutrire le api. Api che ora sono senza scorte per l’inverno”.
La situazione del settore è tragica: “Siamo tutti a rischio. Le aziende più grandi hanno costi enormi da sostenere, quelle medie rischiano di ridursi notevolmente, quelle piccole non hanno abbastanza miele per pagarsi lo stipendio. Le imprese più strutturate stanno facendo i salti mortali per ridurre i costi fissi, tanti di noi stanno cercando un secondo lavoro, ma c’è anche chi sta pensando di chiudere o, addirittura, l’ha già fatto”.